lunedì 24 ottobre 2011

Il tempo, la strada e il libro.

Il tempo, la strada e il libro.

Verrà il tempo che i menhir che stanno ritti da millenni nelle campagne di tutta Europa non saranno più in pietra fredda e grigia, ma saranno totalmente sostituiti da terminali collegati in rete neurale.
A pensarci bene questa velocissima rivoluzione che ha sconvolto in soltanto 10.000 anni la superficie della terra è già avvenuta, dal primissimo intervento dell’uomo sulla superficie della terra al ormai onnipresente personal computer.
E’ il personal computer, ultima grande rivoluzione della comunicazione, che abbinato ad una rete telefonica, ha già cominciato a modificare la nostra coscienza rendendola ancora più collettiva, questa sinergia tra rete e grande elaborazione di dati qualunque essi siano sta iniziando a ridisegnare tutto.
 Una nuova interpretazione del luogo piazza è sotto i nostri occhi, il fenomeno dei social network ci vede contemporanei ad una evoluzione che può dare le vertigini e chi non la coglie nelle sue immense capacità di connessione e che ne sarà accantonato o dannato.
Da questa immensa rivoluzione, che se ne tragga solo male o solo bene sta proprio a noi sceglierlo, anche se credo che i giochi siano già stati fatti, non possiamo starne fuori; in tutti i modi ne saremo coinvolti o marginalmente o completamente, vedi la primavera araba.
E la rete la nostra agorà, la rete ha già distrutto lo spazio tra i soggetti avvicinando le idee ora è il momento del tempo.
Esisterà solo l’adesso, il tempo nel comunicare con la rete è istantaneo quindi non esiste più, le conoscenze sono ormai tutte in rete, i libri, la musica, i musei, le matematiche,  i dati delle transazioni, anche i soldi, non equivalgono più ad un metallo nobile l’oro ma solo al clic sulla tastiera.
Pensate che tutto quello che è in rete è a nostra disposizione, la rete è ormai la nostra suprema protesi mentale,  la nostra mega coscienza collettiva.
A brevissimo saremo tutti connessi e tutti potremo far sapere dove, come, quando, e tutto nello stesso tempo senza barriere od ostacoli, nemmeno i paesi più “schivi” potranno più opporsi alla valanga di dati della rete che cadrà dai satelliti sui terminali di tutti.
Chi ha l’accesso ad un terminale, che poi potremo chiamare anche iniziale, già da ora può rendere noto a tutti il suo pensiero il suo stato il luogo dove si trova dove va e con chi e come, insomma tutte le sue preferenze.
La distanza tra di noi è annullata la connessione è totale non ci resta che arrenderci a questa nuova situazione dei rapporti umani, potremmo rischiare  l’anarchia delle comunicazioni e del sapere.
Magari questa supposta anarchia del sapere non è altro che il sapere assoluto, senza gerarchia e alla portata di tutti, la liberta della conoscenza senza limiti o restrizioni.
Magari, attenti, perché ogni qualvolta si gioisca per una libertà acquisita ecco che un nuovo pretendente si affaccia sulla porta del sapere e inizia a recintare e mettere paletti a voler far pagar pedaggi ed in un attimo ci si ritrova a maledire quel momento di distrazione, chi cosa quando, non sappiamo nemmeno bene noi.
La partecipazione alla totalità degli avvenimenti della rete è digitale cioè  remota e non locale, la forza del numero dei partecipanti connessi tra di loro è nell’adesione alle idee allo scambio di essere e al loro rinnovamento in funzione dei cambiamenti velocissimi della civiltà binaria.
La partecipazione agli avvenimenti remoti deve poi assolutamente dare origine ad una serie di comportamenti locali che saranno presenti capillarmente sul territorio delle varie comunità e questo è il vero risultato del nuovo villaggio globale.

Solo uniti.

http://www.giorgiopatuelli.it 

domenica 2 ottobre 2011

Il game over di Giulio Tremonti.

Ripensiamo il concetto di ricchezza.
http://www.giorgiopatuelli.it


All’ultimo congresso di comunione e liberazione l’impalpabile ministro dell’economia cerca di spiegare i suoi successi nell’ interpretazione della crisi ad una platea, che almeno anagraficamente poteva apparire abbastanza giovane.
Forse consigliato dal suo entourage assimila la situazione economica mondiale come ad un video gioco, dove ucciso il mostro che ci si para davanti ecco che subito ne spunta un altro.

Ma allora come possiamo combattere questo continuo rigenerarsi di mostri-crisi, siamo forse condannati come Sisifo ad un immane, infinita serie di fatiche improponibili, ma se ne siamo consapevoli perché dobbiamo per forza rimanere dentro questo video gioco, dobbiamo forse combattere all’infinito e senza mai un risultato positivo per noi.

L’ineffabile ministro appare davvero contento di essere stato tra i primi, dice lui, ad accorgersi del mostro che ci vuole distruggere a tutti i costi e si proprio a tutti i costi, tanto i costi sono i nostri, ovvero di chi deve subire una schiera di politici che oltre a non essere all’altezza dei vari mostri che aleggiano sull’Europa e sul Mondo non sono nemmeno rappresentativi di una società che di certo ormai non li merita nemmeno più, il che è tutto dire.

L’ineffabile ministro non vede nessuna via di uscita a questa situazione diciamo così mostruosa e non è di certo un titolo di merito per lui e per il suo governo, magari una maggiore sensibilità nel percepire tutta una serie di cambiamenti che ormai sono irreversibili porterebbe più frecce all’arco di una nazione intera che ormai annaspa da tempo in questo sistema economico globalizzato.


Anche solo nell’aspetto dialettico è possibile trovare una semplicissima via di uscita al problema del mostro che resuscita sempre e che non ci permette di lavorare e di vivere secondo gli agi a cui siamo da tempo abituati.

La soluzione è apparentemente semplice ed è quella di scegliere altre regole del gioco ovvero un altro gioco, ma che gioco è scusate, se non fa altro che creare uno scenario mostruoso e ormai lo fa con una frequenza che si infittisce sempre più, perché rimanerne schiavi essendo consapevoli della sua mostruosità.
Le crisi economiche, sempre più frequenti, ormai sostituiscono le guerre creano meno morti, almeno in Europa, da questo punto di vista noi europei ci siamo fatti più furbi deleghiamo agli altri l’onere della morte, un onere nemmeno tanto pesante visto che sono il misero prezzo della democrazia, unico e assoluto sistema politico per la costruzione di una società moderna ed avanzata.
Le parole: economia, democrazia, sviluppo sono parole che a titolo, ormai solo negativo, dobbiamo associare ad altre parole, come: corsa alle materie prime e successiva spartizione a suon di dollari, assoluta mancanza di rispetto e considerazione per le altre culture; la democrazia è sempre stata il prodotto di esportazione di punta di questo sistema economico occidentale.
India, Cina, Irak, Vietnam, Corea, Cambogia, sono solo alcune nazioni che hanno sperimentato sulla propria pelle come sul proprio suolo l’invasione del prodotto di punta del sistema occidentale, la democrazia intesa come modello occidentale, a questo merito non faccio distinzione tra la cosiddetta democrazia e il cosiddetto modello socialista, che non ha di certo brillato per efficienza, onesta e rispetto per le libertà della persona.
Allora cerchiamo di essere più propositivi del nostro intangibile ministro; usciamo definitivamente da questo gioco-sistema, iniziamo almeno prendendo coscienza di dover riscrivere lo scenario del sistema di vita per le prossime generazioni, non vogliamo trovarci più davanti un nuovo mostro ogni due o tre anni, usciamo dal gioco vizioso, guardiamo molto più lontano dello scadere dei prossimi buoni del tesoro italiano o tedesco, usciamo da questo gioco dell’oca che non può altro che portarci in un baratro.
Iniziamo a pensare un nuovo sistema per ridistribuire la ricchezza, anzi cerchiamo di ridefinire il concetto di ricchezza, la ricchezza non deve più essere assimilata ad un metallo, ad un bene materiale definibile e scambiabile, quotabile o magari ereditabile, ma a servizi, idee e concetti che mettano in risalto il nostro prossimo, inteso come altra espressione di noi stessi, cerchiamo di comprendere l’assoluta interdipendenza dell’insieme dell’umanità, dell’essere umano.
Le tecnologie moderne di comunicazione, con in testa Internet, ci permettono la vera globalizzazione delle coscienze, la connessione di tutte le persone è l’unico metodo per riprogettare il paradigma, solo insieme saremo in grado di proporre nuove idee per una umanità intera che ormai le aspetta con ansia. 



Uniti.

Scritti intorno all'Urbe.


Cambiare il paradigma. 
Ad un primo sguardo questo insieme di pensieri, potrebbe sembrare la ennesima edizione di qualche allegato di urbanistica di questo o quel quotidiano, ma magari riuscissi a scrivere cose così interessanti da far spargere l´inchiostro alla rotativa. 

Le polveri vulcaniche e le fluttuazioni degli indici mi confermano che ormai la lancetta supera di molto il colmo. 
Quale sia poi questo fatidico colmo del quale siamo arrivati al fine scala, ma è chiaro è la misura dell´illogicità degli avvenimenti, della grettezza dei rapporti interpersonali, delle assurdità che le istituzioni ci somministrano quotidianamente, costantemente e senza vergogna  con una fantasia sempre più perniciosa, questa si che ha del miracoloso esempio di stupidità umana.
Corro il rischio, sapendolo, di essere appellato come l´utopista di turno tanto più togato e dotato di enciclopedia, rigorosamente cartacea sotto il braccio, ma non sarà certo questa mia disanima ad impensierire i paladini della globalizzazione a tutti i costi o agli ecologisti incalliti. Ad ogni tornata di secolo o addirittura di millennio le varie cassandre si sentono in obbligo di gonfiare i polmoni tanto da dargli fiato e svelare l´ultima profezia catastrofica che ci dovrà capitare tra capo e collo al ripresentarsi della ormai affaticata eclisse di turno.
Lungi da me accodarmi a tale coro ma questa volta i tempi sono davvero stretti e potrebbe rivelarsi pure sbagliata la famosissima profezia Maya del 2012, si ma per difetto, perché tutto ci potrebbe cadere di mano ancor prima, sbriciolandosi al suolo come una delicatissima porcellana cinese.
Che strano, proprio l´esempio della teiera cinese, mi è scappato dalla penna, perdono, tastiera e per giunta di portatile.
Allora come mi riaggancio alla volontà di scrivere di urbanistica e di architettura, certo solo parlando della necessità di cambiare il paradigma dei nostri rapporti interpersonali dell`insieme della società, dobbiamo cambiare scenario e target, l´obiettivo deve essere quello di una scelta di vita che non deve più considerare normale la prevaricazione egoistica e l´insostenibile volontà di non dare la speranza ad una umanità che preme al confine della società. Non può essere una flebile leggina sulle quote d´accesso dei lavoratori stranieri dei vari stati che potrà riequilibrare anni, decenni, millenni di sviluppo squilibrato in aree vaste come continenti, ma nemmeno potrà una rivoluzione comunista portare sollievo ad una umanità priva di prospettive.
E´solo il ribaltamento del fine, la sincerità dei rapporti umani che non devono più basarsi sul mero egoismo personale, sul calcolo del dividendo, ma svilupparsi nel ricercare un nuovo ambiente che secondo antichi principi può riscrivere nuovi scenari.
Il fine ultimo è la ricerca dell´unione con il Creatore, solo questo scopo potrà riequilibrare l'andamento a dir poco zoppicante del pianeta proprio perché questa ricerca è cardine della natura che mai come adesso ci mostra le sue distonie.
E´imperativo quindi essere sinceri, condividere ideali uguali, identici, univoci privi di interpretazioni filosofiche, etiche o morali, pensiamo dunque alla purezza scabra di un menhir che segna il tempo, null´altro ci deve preoccupare solo il fine alla partecipazione nel Creato non come Creatura spettatrice ma parte integrante del Creatore.
Questo è appunto il progetto da ricercare, da perseguire, con la parola paradigma vogliamo specificare che ci si identifica come essere in una comunità che ha ben chiaro un insieme di idee e anche ne conosce il modo e il metodo di come perseguirne gli intenti, dicasi anche società o ambiente, il tutto omogeneo, una comunità di ricercatori della verità che si riconoscono e vi si identificano.
Un salto di qualità che i tempi ci impongono di fare, tornare indietro per proseguire il cammino della ricongiunzione nella Gerusalemme terrena, tutto passa nella riscoperta e nell´uso di quegli equilibri che fondavano il villaggio archetipico, giungere nel luogo da dove siamo partiti, riunirci in quella comunità che unita percorre le vie verso il Creatore.
Ed è nostro compito porne le basi, spirituali e materiali, che possiamo ritrovare come guida chiare e forti nella Kabbalah Autentica ed in particolar modo nel metodo scientifico di Bnei Baruch, divulgato dal Rav Micael Laitman, fondatore e presidente del Bnei Baruch Kabbalah Educational and Research Center.
Uno dei cardini della kabbalah divulgata da BB è la creazione dell´ambiente perché èl'ambiente che ci deve portare come un chiaro binario verso lo scopo spirituale e questo ambiente da spirituale potrà e dovrà essere anche materiale progettato e realizzato come risultato sociale di una comunità che cristallizza le proprie idee in un nuovo abitare perché è nuova la sua visione globale del fine della vita.
Già pubblicato il 2 agosto 2010.
Solo uniti.

www.giorgiopatuelli.it







venerdì 23 settembre 2011

Un passo indietro.

Dalla finestra vedo macchine che sfrecciano avanti e indietro, poi, indietro e avanti, suonano il clacson e vanno veloci, mi annoiano.
Dove vadano, posso solo immaginarlo, ma l’affanno per raggiungere il loro dove, mi sembra eccessivo, saranno fatti loro, comunque mi annoiano e siccome non voglio essere il solo annoiato, mi metterò a scrivere così da annoiare altri.
Si fa sera e le macchine aumentano, si corre a casa a mangiare, ma si corre da un luogo all’altro senza posa, poi si cerca il tempo per riposare tutti insieme, mi sembra di capire che serva più tempo alla preparazione dell’avvenimento, quale esso sia, che per l’avvenimento stesso.
Forse ci sfugge il senso dell’armonia delle cose, degli avvenimenti, delle anime, di tutto quello che ci circonda che ci distrae che ci interessa.
E’ da molto tempo che sento che siamo davvero tutti uniti, che tutto quello che faccio alla fine poi coinvolge altre persone determina avvenimenti che si sviluppano che maturano che scoppiano che si sciolgono che evaporano che germogliano, tutto in un insieme che tende all’armonia, che nel peggiore dei casi la cerca, che tende ad essa e che solo il nostro egoismo ci allontana.
Mi sono convinto che tutto sia legato da una geometria che ormai è sempre più evidente, la borsa, ormai bolsa, gli uragani che escono dal seminato e minacciano la Mela, alla faccia della temperatura dell’oceano e noi siamo li che guardiamo dalla finestra dove vanno, questo non riusciamo ad immaginarlo oppure è solo la paura che ci frena dal darci la risposta.
L’ineffabile barriera tra l’artificiale e il naturale si è forse indebolita, sta forse facendo breccia l’acqua che questa diga non riesce più a contenere, a domare, a reprimere, a dividere.
IO, IO sono l’uomo, IO posso domare la natura con le mie opere artificiali e quando diciamo IO, l’unico risultato non è altro che un passo per allontanarsi da essa, dalla natura, quando mai prenderemo atto che non abbiamo alternativa, dobbiamo rispetto all’ambiente perché siamo dentro l’ambiente, NOI siamo l’ambiente, non possiamo uscirne, il meccanismo non lo permette, svegliamoci al più presto da questo assurdo delirio di onnipotenza.
Belle parole, intanto ascolto le sveglie che suonano alle mie orecchie e che siamo le orecchie di tutti, intanto prendiamone atto, cerchiamo di prenderne coscienza, cambiamo il paradigma, guardiamo negli occhi del futuro e non facciamolo a fianco della natura, se non proprio contro la natura, ma dentro la natura, NOI siamo essa e la natura e NOI.

Solo uniti.

www.giorgiopatuelli.it